domenica, aprile 27

Un'onda


A distanza di ore e di giorni rileggo le parole che scrivo e l'impressione è quasi sempre la stessa.


Da sempre riesco a scrivere solo quando sono arrabbiata, quando mi sento stravolta da un ondata di sensazioni o quando sono in fase cinica e sento il bisogno di razionalizzare cose, persone, sentimenti. Allora lascio che le dita corrano sui tasti inseguendo parole o guidino la punta di una penna.
Scrivere mi libera.
Rende vive le sensazioni spesso spiacevoli dentro alle quali in certi momenti mi perdo e mi confondo.
Liberarle dalle catene che le legano a me, farle respirare senza soffocarle, mi permette di osservarle, capirle e lasciarle andare.

Questa sera scrivo di un momento.
Un momento durato un attimo, un solo attimo, ma che sento vivrà dentro di me molto più a lungo.
Come un'onda mi ha travolto, facendomi affogare in un mare di dolcissime sensazioni.
Il cuore per un attimo ha interrotto il suo battito ed mi sono ritrovata a sentirmi proprio piccola.
Il paradiso caduto in terra.
E una sensazione di pace e infinito in cui lasciarmi cullare.

Senza amarezza mai saprà dalle mie dita o dalle mie labbra quanto poco gli basti per farmi emozionare.
Perchè no, a ragion vissuta, lui no.
Senza contare quanto poco di tutto questo gli spetti.

Ma a me sì, spetta.
Sono io che merito di poterlo vivere.

venerdì, aprile 25

Uno riflesso sul presente (Prologo)


Come vermi strisciano cibandosi dei resti della loro ignoranza.
Smaniosi di sentirsi qualcuno, perfettamente consapevoli di non essere niente più di quello che sono.

Piccoli e insignificanti.

Rincorrono parole altisonanti mitigate dalla vuotezza dei contenuti che propongono.

Illusioni del metaverso e del mondo reale, alla disperata ricerca di una identità mai avuta e di un loro posto nel mondo.

Dedicata con affetto.

Answer




A bassa voce sussurro queste poche parole,
ancora in attesa
sempre confusa
se lasciarti vivere di tanto in tanto nei miei pensieri.

**

.:Answer:.


I will be the answer
At the end of the line
I will be there for you
Why take the time
In the burning of uncertainty
I will be your solid ground
I will hold the balance
If you can't look down

If it takes my whole life
I won't break, I won't bend
It will all be worth it
Worth it in the end
Because I can only tell you that I know
That I need you in my life
When the stars have all gone out
You'll still be burning so bright

Cast me gently
Into morning
For the night has been unkind
Take me to a
Place so holy
That I can wash this from my mind
And break choosing not to fight

If it takes my whole life
I won't break, I won't bend
It will all be worth it
Worth it in the end
Because I can only tell you that I know
That I need you in my life
When the stars have all gone out
You'll still be burning so bright

Cast me gently
Into morning
For the night has been unkind

Sarah McLachlan


mercoledì, aprile 23

Aggiornamento album fotografico

Complice di una connessione che pare funzionare come dovrebbe, ho inserito un nuovo album e qualche scatto qui e là in quelli già esistenti.

martedì, aprile 22

E per voi oggi, non c'è spazio nel mio domani


Non me lo sento.
Non posso raggiungerti.
Negherei me.
Sì, pensavo fosse più semplice. Invece adesso sento che non posso.
E resto qui, aggrappata alle mie idee,
arroccata sulle mie incertezze.
Mi dispiace.
Non mi credevo così fedele a me stessa.

lunedì, aprile 21

Nessuna illusione


Una pagina bianca che vuole essere riempita.
La sensazione di non avere niente da scrivere.

Giorni, che scorrono, rincorrendo pensieri, cercando parole.
Nascondermi.
Sfuggire al silenzio, dargli una voce, chiamarla vita e ripetermi all'ossessione che qualsiasi cosa sia devo camminare,
perchè oggi tocca a me.
Il desiderio.
Prendere un tuo braccio, stringerlo intorno ai miei fianchi.
Ucciderei per sentire addosso il tuo respiro.
Macerie. Come dopo un terremoto.
Sapere che hai la chiave di quello che sono,
e saperla in fondo a un pozzo.
Correre, senza orizzonte, inseguita da ombre.
Annegare nell'abnegazione.
Nessuna illusione.

E un velo scuro, in questo silenzio.

giovedì, aprile 17

Basterebbe una carezza.


Oggi è il 17 Aprile. E quando ho iniziato a scrivere questo post l'orologio segnava le 16.37.
Il 7, così come il 9. Sono solo numeri che hanno avuto la sfortunata coincidenza di scandire alcuni precisi momenti.
Non lo so. Ho voglia di un carezza. Quella di un padre, forse. O anche no.
Credevo di sentirmi nervosa. Invece, molto più razionalmente, sto sulla difensiva. E aggredisco.
Sulla difensiva perchè?
Non è poi così difficile.
Mi sento vulnerabile. E traccio con forza
linee immaginarie per segnare la distanze.
Perchè so che basterebbe una carezza per rompermi.

lunedì, aprile 14

In fase Avversa

Sono in fase anti-.

Anticlericale.
Antimilitarista.
Anti
dogmatica.

Anti
borghese.

Anti
femminista

Anti
conformista.

Anti
democratica.

Anti
economica.

Anti
monopolista.


E non in ordine di effettività, Antisociale.

domenica, aprile 13

Una domenica qualunque


Apro gli occhi. E' chiaramente mattina.
Metto a fuoco l'orologio sulla parete davanti al mio lettuccio, le 7.15.
Le 7.15..???
Uff..di domenica non posso svegliarmi alle 7.15, è contronatura!

Abbasso gli occhi, il micione è seduto sul letto, davanti a me..e mi sta fissando.
Mi inquieta un tantino,
"Buongiorno piccino, ben svegliato.."
Mi saluta con un frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, e si accucciola addosso al mio fianco sinistro per le consuete coccole della mattina.

Sono le 7.15 di una domenica qualunque.
E appena mi sveglio realizzo che mentre dormivo il micio mi fissava.

Mentre mi lascio viziare dal tepore delle coperte prendo coscienza di aver fatto il sogno più stupido della mia storia onirica.

Il che è proprio strano.
I miei sogni sono sempre molto contorti, poco lineari, gli scenari in cui si ambientano sempre particolari e ricercati, e le trame anche troppo significative.

Eppure stanotte ho sognato che convivevo con un babbuino.
Dico io, un babbuino..???
Grazie al cielo non ci sono state scene di intimità, perchè davvero non so se sarei mai stata in grado di superarle.

Realizzo di sentirmi davvero bene nell'insieme e di avere voglia di un bicchiere di latte freddo che ovviamente non ho comprato preferendo il tè aromatizzato al limone della Twinings.
Se avessi comprato il latte, stamattina mi sarei svegliata con la voglia di una tazza di tè caldo aromatizzato al limone della Twinings.
Ma questo fa parte del vivere costantemente in quella che ho identificato con il nome poco orginale di contestazione globale.

Mi rassegno all'idea del tè quando realizzo di essermi dimenticata di prenderlo fisicamente dallo scaffale e metterlo fisicamente nel carello.
E pensare che c'era anche scritto sulla lista.

Decido di alzarmi.
Nello specchio del bagno osservo il mio riflesso, ho il viso molto sereno e riposato.
Sentirmi bene non è quindi solo una percezione.
Meglio così.

Rientro in camera.

Ripenso all'assurdità del babbuino.
E al mio avere solo caffè nella dispensa.

Accendo il monitor.

Icona Firefox.
Automaticamente si apre google.
Ma google stamattina non è google.
Il logo è diverso.
Questo infastidisce leggermente il mio ordine mentale.
E resto così, qualche minuto, a fissare la pagina e chiedermi perchè proprio stamattina il logo deve essere diverso.

Ormai mi ha preso un senso di leggero fastidio, così interrompo l'azione di loggarmi sul forum e passo all'icona MSN.
Inserisco username e password, e mi ritrovo sulla pagina degli utenti in linea.

E' una domenica mattina qualunque.
E come *tutte* le domeniche mattina qualunque alle otto del mattino, non dovrebbe esserci nessuno in linea.
Anzi da quando ho installato MSN, cioè da settembre a questa parte, non mi è mai successo, nemmeno durante i giorni lavorativi, di trovare qualcuno in linea alle otto del mattino.
Il mio loggarmi a MSN sapendo con certezza che alle otto del mattino è *impossibile* trovare qualcuno dei miei contatti in linea, è un'azione puramente meccanica la cui ragione risiede nel mio essere patologicamente abitudinaria.
Ma soprattutto, l'azione di loggarmi non implica assolutamente che io desideri essere contattata nè che desideri alle otto del mattino di una domenica qualunque leggere tra i miei contatti qualcuno in linea.
Una mia azione, cioè, non implica necessariamente un cercare una sua possibile conseguenza.

In questa domenica qualunque alle otto del mattino tra i miei contatti figurano nella pagina degli utenti in linea non uno, non due, non tre, ma bensì quattro contatti in linea.
Di cui, non per sarcasmo, ma per esaltare l'inconcepibile, x, y e z.
Che poi l'essere in linea sia solo per forma, poco importa.
La mia testa lo percepisce come un volersi imporre con prepotenza e del tutto illegittimamente nella mia giornata.

Il micio.
Le 7.15.
Il babbuino.
Solo caffè.
Il logo.
MSN.

Mi alzo dalla scrivania e in questa domenica qualunque vado a prepararmi un buon caffè!

venerdì, aprile 11

Ciò che poteva Essere


In genere il week-end avendo più tempo a disposizione, finisco per scrivere sempre un pochino più del solito.

Per il momento solo una canzone, per descrivere
come mi sento e come lo sto sentendo.

**

» Ciò che poteva Essere «

Vorrei una stella che mi guidi dove sei,
vorrei vedere coi miei occhi adesso cosa fai,
se mi pensi,
ora che tutto poi si è spento dietro quei discorsi persi,
rivivo i passi in quei giorni,
e mi trovo a scrivere,
pensando a quello che tra noi, sai?
Poteva nascere, ciò che poteva essere e poi non lo è stato,
rivango nel passato,
capisco che è finito,
cancellato,
come il tuo nome scritto sulla sabbia,
rapito dalla pioggia, portato via dal mare.
Non c'è più freccia dentro al mio cuore,
restan parole per ciò che sento
e tu non hai capito cosa da te stavo cercando,
ora non fingo
perchè so quanto ti volevo quando stavo scrivendo queste mie parole
sole,
che in fondo al cuore fanno male.

Cerco le parole
per spiegare quello che poteva nascere
e ridare luce ai giorni miei.
Dimmi come mai non ci sei,
è tutto ormai spento tra noi.
Cosa lascerai dentro gli
occhi miei?

Volevo vivere perso negli occhi tuoi,
volevo crescere solo con ciò che tu mi dai,
ma ora non ci sei
ed io vivo pensandoti,
perchè senza averti sei riuscita già a disperderti tra i miei ricordi
senza donarmi attimi,
credici,
mi manchi.
Senza te,
dentro me i sogni restan spenti,
i momenti poi dipinti
e quanti pianti per saper quello che senti.

Dimmi come mai non ci sei,
è tutto ormai spento tra noi.
Cosa lascerai dentro gli occhi miei?
Dimmi come mai non ci sei,
è tutto ormai spento tra noi.
Cosa lascerai dentro gli occhi miei?

Nella mia anima ora il tuo volto illumina la penna che a te dedica ricordi in aria.
A te che sei già storia
ora il mio cuore svaria, in cerca di una storia seria,
nasce la voglia ora che dal mio amore sei lontana 1000 miglia.
Cerco un motivo
solo che non ha voluto donarlo il futuro,
ora che con me stesso provo ad essere sincero
avendo in bocca un gusto amaro penso a te.

Che c'è di male
se negli attimi sono persa dietro inutili parole
che non lasciano nulla,
che non diano nostalgia.
E adesso resto senza più parole, sai?
Cala la notte come un velo chiaro su di noi.
Comunque vada io mai mi scorderò di te.

Cerco le parole
per spiegare quello che poteva nascere
e ridare luce ai giorni miei.
Dimmi come mai non ci sei,
è tutto ormai spento tra noi.
Cosa lascerai dentro gliocchi miei?
Dimmi come mai non ci sei,
è tutto ormai spento tra noi.
Cosa lascerai dentro gli occhi miei?

dei Gemelli Diversi




giovedì, aprile 10

Film visti - Aprile (I° parte)


Titolo: Complicità e sospetti

Genere:
Drammatico
Distribuzione:
Buena Vista

Trama Film:
Will (Jude Law) e Sandy (Martin Freeman), amici e architetti, trasferiscono il loro studio nella zona di King’s Cross a Londra. Proprio nei primi giorni, subiscono ripetuti furti a opera di una coppia di giovani ladruncoli. La piccola criminalità sarà il pretesto per un viaggio nella realtà multietnica della città, e dell'influenza che ha sulle relazioni sociali, sulla famiglia, sull’amore. C’è qualcosa di stucchevole nel cinema di Anthony Minghella. Difficile dire se sia l’espressione sul filo del pubblicitario, l’attrazione per il bello (siano essi luoghi o persone), o i sentimentalismi old style. In questa Londra, che è anche la città in cui vive, di certo la sua forma stilistica si trova perfettamente a proprio agio. Le case popolari, infatti, non si allontanano molto dalle perfezioni geometriche dei loft, cambia solo l’interpretazione degli interni, caotici o minimalisti, sempre comunque fotografati con perfezione estetica. In un mondo siffatto, i personaggi sono estremamente caratterizzati. Jude Law, è dandy e trasandato, insicuro ricercatore delle emozioni perdute; Robin Wright Penn, ha origini nordiche che si sciolgono solo di fronte alla figlia tredicenne; Juliette Binoche, è una donna slava, espressione di un passato di sofferenza e guerra. Tutti si muovono a King’s Cross fra assenza di responsabilità e paura di amare, schiavi della routine o delle condizioni, alla ricerca di passioni dimenticate, più che di sentimenti veri. L’essenza delle relazioni per Minghella è ancora nella pura forma. Gli interpreti si comportano di conseguenza e, superando le classi sociali, la bellezza trionfa, in ricchezza e in povertà (Juliette Binoche, di madre lingua francese, è poco credibile nel recitare in inglese con accento bosniaco). Sotto questa patina, l’unica profondità che se ne trae è l’amara solitudine, onnipresente, di una società complessa alla perenne ricerca di amori irresponsabili.

Trailer
Recensione

Voto: 3,25/5!

**

Titolo: Lezioni di Volo

Genere: Drammatico
Distribuzione: 01

Trama film:
Pollo e Curry hanno diciotto anni e poca voglia di impegnarsi a scuola e nella vita. Pollo è ebreo e figlio di un padre intransigente e una madre svampita. Curry è indiano e figlio adottivo di una psicologa emotiva e di un giornalista fedifrago. Bocciati alla maturità partono in vacanza "premio" per l'India dove, fuori dai circuiti turistici, incontreranno Chiara, ginecologa di una Onlus internazionale. Nel deserto del Thar proveranno finalmente interesse per la vita: Pollo si innamorerà di Chiara e del suo coraggio, Curry cercherà la madre naturale e le sue origini. Torneranno a casa e all'occidente col "brevetto di volo". Se l'ultimo film di Francesca Archibugi non aggiunge molto alla sua poetica dell'adolescenza, aggiornata al 2007 e ai suoi giovani con nessuna pretesa di cambiare il mondo in cui vivono, non manca di stupire perché sembra l'unico rimasto a raccontare con credibilità i ragazzi e tutto ciò che li riguarda: i gesti, il gergo e quel misto adolescenziale di vulnerabilità e sfacciataggine. Lontani da esami "mondiali" di maturità e da amori per sempre sul Ponte Milvio, lontani dall'essere intraprendenti e "fichi" dentro un filmetto di formazione che ripensa ai "migliori anni della nostra vita", i due protagonisti a lezioni di volo sono normali, prematuri e bocciati, sono ragazzi a cui bisogna dare tempo e respiro per scoprire chi sono. Archibugi torna a fissare sulla pellicola i cicli di crescita dei figli e quelli di appassimento dei genitori. Genitori ribelli e disillusi, che si misuravano coi grandi temi sociali e politici, hanno generato figli sommessi e immaturi, che si chiedono poco o nulla, difficili da lasciare andare per paura della solitudine o per paura che si facciano troppo male. Figli inconcludenti che la regista osserva senza giudicare, cercando di comprenderne il mondo. Figli che provano a crescere lontani da famiglie affettive che evitano i contrasti e che li tengono al riparo da tutto, soprattutto dalla vita. Nel cuore materno e pulsante dell'India c'è una giovane donna "normativa" che insegnerà loro regole e responsabilità, il gusto delle grandi sfide e la fatica della competizione. Archibugi riconferma i modi della commedia per trovare un respiro quotidiano a una storia di amori e dolori giovanili, di ragazzi che si sentono drammaticamente superflui e inadeguati ad affrontare i mali della crescita, che arriverà senza clamori sui tetti di Roma, centro storico prima circoscrizione. La lievità della Archibugi sostiene ancora una volta la concretezza della materia scelta: i ragazzi e il loro compito generazionale. Bentornata.


Trailer
Recensione

Voto: 3,5
/5!

**

Titolo: Il piacere e l'amore

Genere: Drammatico
Distribuzione: Bim

Trama film:
ll titolo italiano della BIM è improprio e fintamente colto: in turco Iklimler significa i climi. Si comincia in estate sotto il sole mediterraneo con una coppia che si separa. Lui, Isa, insegna architettura all'università; lei, Bahar, di circa vent'anni più giovane, fa la segretaria di produzione in TV. Disamore? Incomunicabilità? Insoddisfazione? Nessuna spiegazione, ma si tende a dare ragione a lei che perlomeno è enigmatica. Si finisce tra il freddo dei monti innevati dell'Anatolia con un tentativo di riconquista, patetico più che sincero, da parte di lui che le assicura di essere cambiato. Due stagioni e tre movimenti. In mezzo c'è la vita annuale e banale a Istanbul in cui Isa si fa facilmente sedurre da una spregiudicata ex amante. Il lirismo chirurgico di N.B. Ceylan – che, tra un film e l'altro, campa come fotografo – lascia il posto alla routine della prosa, se non fosse per il lungo piano-sequenza del ferino accoppiamento carnale con le noccioline che passerà nelle future antologie dell'erotismo audiovisivo. Più che in Uzak (2003), c'è il sospetto che il 4° di Ceylan sia un “film da festival”. Girato in digitale; telecamera quasi sempre ferma; raffinata precisione nei pittorici campi lunghi; una storia dove “non succede niente”; dialoghi compressi al minimo; velati suggerimenti di autobiografismo. Per la prima volta – e l'ultima, soggiunge, ma potrebbe cambiare idea – l'autore fa anche il protagonista e dà spazio alla moglie Ebru, permettendo ai critici formalisti stregati di definirlo un film turco “diverso” e di citare Bresson (per la colona sonora, accuratissima nei rumori), Kiarostami, Ozu, Bergman, Tsai Ming Liang e, ovviamente, Antonioni. Gli spettatori maturi affetti da cervicale tengano d'occhio i cassetti degli alberghi cui Isa ricorre per ficcarci il collo.

Trailer
Recensione

Voto: 1,50/5!

**

Titolo: The Illusionist - L'illusionista

Genere: Fantastico
Distribuzione:
Eagle Pictures


Trama film:
Nella Vienna dell'ultimo '800 gli spettacoli dell'illusionista Eisenheim hanno un tale successo da attirare il principe Leopoldo con la sua promessa sposa, la duchessa Sophie, e da suscitare l'interesse investigativo dell'ispettore di polizia Uhl. Eisenheim riconosce in Sophie la giovane di cui da adolescente s'era innamorato. Tra i due l'amore rinasce, provocando la gelosia violenta del principe che la ferisce gravemente, nascondendo il misfatto. Alcuni indizi e le apparizioni fantasmatiche di Sophie durante gli spettacoli aiutano Uhl a identificare il colpevole. Il principe si dà la morte. Eisenheim è allontanato da Vienna, ma lascia a Uhl indizi per scoprire che la donna è viva, complice di una messinscena. Come già Scoop di W. Allen e The Prestige di C. Nolan, usciti nella stagione 2006-07, il 2°
film di Burger racconta il rapporto tra realtà e illusione. La sua sceneggiatura si basa sul racconto Eisenheim the Illusionist di Steven Millhauser, ispirato a Erik Jan Hanussen, mago e veggente viennese, ucciso da un sicario nel 1933 per aver profetizzato la fine del Terzo Reich (La notte del maghi - Hanussen 1988, di I. Szabó con K. M. Brandauer, ne racconta la storia). Quello di Burger è un film riuscito a metà. Il contesto (Vienna, la magia e le macchine) è superiore alla messa in scena della storia in cui conta il rapporto tra Eisenheim (E. Norton) e Uhl (P. Giamatti), ma non la storia d'amore. Fotografia: Dick Pope. Musiche: Philip Glass.

Trailer
Recensione

Voto:
2,75
/5!

**


Titolo: Il diario di una tata

Genere:
Commedia
Distribuzione:
01


Trama film:
Annie Braddock (Scarlett Johansson) è una ragazza appena laureata in cerca di lavoro. Alcuni colloqui fallimentari presso importanti società newyorkesi le fanno perdere la fiducia in se stessa, ma un incontro imprevisto con un bambino dell'Upper East Side, le cambia la vita.
Il rischio che il film si trasformi in una narrazione del rapporto fra una tata e le marachelle di una piccola peste, sono concrete. La divertente e realistica interpretazione della Johansson, nella figura di tata e soprattutto di osservatrice-antropologa delle abitudini malsane della borghesia della grande mela, mantengono però il tono intelligente della commedia. È quindi questo equilibrio fra ironia (Annie non ha esperienza coi bambini ed è impacciata e maldestra) e analisi sociale che, almeno per la prima metà riesce, senza falsi sentimentalismi a sostenere un film che per molti versi è deludente. Le interpretazioni sono tutte notevoli, compreso il ricco padre di famiglia affidato a un sempre bravo Paul Giamatti, la messa in scena è invece classica e ricade nella seconda parte in alcune situazioni scontate e prevedibili, indotte dagli stereotipi del caso. La madre borghese che non si cura del figlio e pensa solo a se stessa e al suo esternarsi in una "high society" che impone alcune ritualità precise; il marito dedicato al puro business che coltiva relazioni extra coniugali con le segretarie del caso; la stessa tata di origini di provincia che si sfoga in critiche nei confronti di genitori inghiottiti dalla frenesia da metropoli. Ne esce fuori un film che è un ibrido di socio-critica e commedia famigliare, che avrebbe potuto ambire a risultati migliori. Resta il fatto che non ci si può lamentare se i propri figli, oggigiorno, hanno rapporti conflittuali con i genitori.

Trailer
Recensione

Voto:
2,25
/5!

Away From Me!

martedì, aprile 8

Solo un gioco


Sai quello che voglio e voglio sentirmi tua complice in questo gioco al quale non dovrei giocare.

E nemmeno tu dovresti.

Un gioco di segreti, lenzuola tiepide e parole non dette.

Voglio confessarti i miei peccati e sentirmi sgridare per averli commessi.
Voglio raccontarti le cose di cui mi vergogno e voglio sentirti ridere mentre lo faccio.

Voglio un gioco a cui pensare perché non voglio pensare ad altro.

lunedì, aprile 7

Solo un momento


E' solo un momento.

Dura un istante, solo il tempo per trovare spazio su questa pagina,

per poi morire, lì,
nello stesso luogo dove è nato.


Vorrei..non sai quanto vorrei, poterti avere qui, adesso.
Vorrei..non sai quanto..solo per poterti stringere un pochetto.
Non sarei capace di dirti nulla, l'emozione sarebbe così forte da farmi mancare le parole.
Ma non importa, le lascerei lì, soffocare nella gola, nel loro silenzio.

Vorrei..solo averti qui, non domani, non ieri, ma adesso, in questo momento,
solo per un poco.
Giusto il tempo per guardarti un istante negli occhi
e poterti sorridere.

domenica, aprile 6

Il secondo cassetto

Devo vestirmi, è tardi, mi aspettano in centro!

Per dove devo andare, direi rigorosamente..jeans, niente pantaloni.

Perfetto!
Vada per i jeans!

Sì..ma quali..?

Scorro gli appendini nell'armadio, miseria pupazza..
i miei tre affezionati sono tutti nel cestone della roba sporca.
Ecco, questo è uno dei lati NO del non vivere in famiglia.

Accetto l'input e attacco, mio malgrado, la lavatrice.

Uffa...ma io volevo mettere i jeans!

Non demordo e apro il secondo cassetto dell'armadio, "Il dimenticatoio".
Lì giacciono capi della più svariata natura, o da cucire o che non riesco più a farmi entrare, dato il mio rapporto instabilissimo con la bilancia.

Rovistando mi vengono in mano un paio di jeans..
Dio...questi jeans..quanti ricordi!

Li avevo comprati quando ancora stavo con il mio Impargio, al mercato.
Ricordo che li mettevo spesso al lavoro la mattina, quando ero educatrice e seguivo le vicessitudini esistenziali di Elisabetta.

Quanti anni sono passati..
Dunque, era il primo anno di università..anzi no, era inizio del secondo..
..forse 7.

Allora pesavo 52 chili.
Per questo sono finiti in quel cassetto.
Impensabile rientrarci in questi ultimi anni.

E ora li sto indossando.
Anche se, certo, non mi stanno come allora.

Cosa voglio dire con tutto questo..?

Che sono felice, e vado avanti..
..ed è tutto così assolutamente meraviglioso e vivo.

Ma.
Sì, ma.

E l'appetito passa.

sabato, aprile 5

BeCool™

Nel pomeriggio di ieri un'immagine è riuscita a sconcertarmi emotivamente per qualche ora.

Nel pomeriggio di oggi un'immagine molto simile a quella di ieri è riuscita a farmi provare sentimenti completamente contrari a quelli provati ieri.


Ipotesi 1:

- inizio a dare evidenti manifestazioni cliniche di un disturbo di personalità, in stato ormai avanzato.


Ipotesi 2:

- esattamente quante cazzate riesco a raccontarmi e a quante di loro riesco persino a crederci?


Ieri mi sono lasciata vivere dall'emozione, mentre oggi l'ho contestualizzata, d'accordo.


Ma la vera domanda è di cosa esattamente e/o di chi dovrei sentire nostalgia..?



Così ho iniziato a riflettere su questa concretissima possibilità (ahahahahah).


Supponiamo che X, Y, Z si presentino davanti alla mia porta con un mazzo di fiori.

Chi farei entrare dei 3..?
o.O

Bè..semplice, anzi oserei dire semplicissimissimo..!


Dunque..sì, quasi banale direi..

bè..


Dunque, è ovvio!


Sì, insomma..

quello che voglio dire è che è logico..


Basta ascoltare il cuore!
Lui non mente mai!


Già, il cuore...
e quindi..???


..


Ok, non è così immediato come pensavo.


Allora decido di chiudere gli occhi e immaginare di perdermi negli occhi prima di x, poi di y, poi di z.


La risposta starà certamente nell'emozione che sentirò salirmi dentro non appena l'immagine di quello sguardo mi parlerà del sentimento che provo (o credo di provare).


Penso a x.

Ricordo momenti, sorrisi, emozioni, e quelle che chiamerei carezze dell'anima..


Accenno un sorriso, esito definitivo: il nulla.


Fuori uno.



Localizzo l'attenzione su y.

Ricordo momenti, sensazioni, fremiti, e quella che chiamerei la sensazione di volare molto in alto..


Accenno un sorriso, esito definitivo: il nulla.

Fuori due.



Localizzo l'attenzione su z.

Penso ad alcuni momenti, sussulti, silenzi, desideri, e quella che definirei la voglia di non lasciare spazio alle parole.


Accenno un sorriso malizioso, esito definitivo: nulla di che.


Fuori tre.


Bene, il finale di questa favoletta senza troppa morale, è che regalerei a ognuno di loro le mutandine della nostra prima volta (o.O), chiuderei la porta, e ritornerei alla mia incasinatissima e serena esistenza.

I'm sorry, really!

Inferno Bianco


Abbasso gli occhi stanchi.

Da anfratti bui lo sento svegliarsi
e riprendere forza.

Scende dentro di me
danzando su ogni emozione che mi hai donato
e che mi ha dato vita.

Scende su di me
spegnendo una ad una le fiammelle del fuoco che hai acceso
e che ha saputo scaldarmi dentro.

Un vento freddo
mi pizzica le guance.
Le mani hanno smesso di cercarti.

E il gelo mi rende faticoso ogni movimento.

Apro gli occhi.

E' lì.
Davanti a me, che mi circonda.

Il mio Inferno Bianco.

Una nebbia fitta
mi nega il colore dei tuoi occhi
e il loro dolcissimo tepore si perde
al pensiero della notte fredda alle porte.

Il vento sibila forte
ed io non riesco più a udire la tua voce.

Passi incerti
segnano il loro passaggio nella neve.

Chiudo gli occhi un istante.
Un'immagine.

Una sensazione così lontana,
si perde in chissà quale dimensione.

Come se ci fosse stato un tempo in cui mi fu possibile vivere in un posto diverso da quello.
Guardo l'orizzonte bianco.

E penso a quanto sia infinito.

mercoledì, aprile 2

Film visti - Marzo (I° parte)


Titolo: Il risveglio delle Tenebre

Genere: Fantasty
Distribuzione: 20th Century Fox

Trama Film: La famiglia Stanton si trasferisce dall'ambiente confortevole degli Stati Uniti in cui era sempre vissuta, in una piccola cittadina inglese. Quello che non sanno è che la famiglia ha in realtà radici profonde nella cittadina, che risalgono a diversi secoli prima. Il figlio più giovane, Will Stanton (Alexander Ludwig), che sta semplicemente cercando di integrarsi a scuola e trovare il modo per parlare alla ragazza per cui ha una cotta, è l'eroe improbabile che si ritrova coinvolto in un'epica battaglia tra gli esponenti della luce e gli inquietanti soldati dell'oscurità. Will scopre di essere l'ultimo esponente di una dinastia di guerrieri chiamati gli Antichi, che sono governati da Merriman (Ian McShane) e Miss Greythorne (Frances Conroy). Entrambi prendono Will sotto la loro ala protettrice, per guidarlo nel suo viaggio che lo farà diventare il Cercatore e in cui dovrà utilizzare i suoi poteri speciali per cercare dei segni nascosti nel tempo, che gli permetteranno di ristabilire l'equilibrio tra la Luce e l'Oscurità. Nel viaggio più importante della sua vita, Will utilizza i suoi poteri per spostarsi nel tempo, far volare gli oggetti e mettere in mostra una forza sovrannaturale per combattere il male, che è rappresentato dal misterioso Cavaliere (Christopher Eccleston). Mentre il Cavaliere cerca di rigettare il mondo nel gelo e nell'oscurità, Will combatte con se stesso e contro tutte le forze oscure che vengono scatenate contro di lui, con l'obiettivo di salvare il mondo. Sebbene il ragazzo metta in dubbio se stesso e le sue capacità, gli Antichi sono accanto a lui per rassicurarlo. "Anche la luce più fioca può brillare nell'oscurità".

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Voto: 1/5!


**

Titolo: Sapori e Dissapori

Genere: Commedia/Romantico/Drammatico
Distribuzione: Warner Bros

Trama Film: Kate Armstrong vive esattamente nello stesso modo in cui guida la cucina del raffinato ristorante 22 Bleecker di Manhattan, con una passione così insensata che affascina, ma nello stesso tempo intimidisce, coloro che le stanno vicino. Con una precisione mozzafiato controlla tutte le febbrili attività della cucina, coordinando centinaia di pasti, preparando salse delicate, condendo e cuocendo ogni piatto con assoluta perfezione. Più a suo agio dietro le quinte, Kate lascia la sua cucina santuario solo per accettare i complimenti per qualche piatto speciale oppure, in rare occasioni, per bisticciare con un cliente che osa mettere in dubbio la sua tecnica.
La natura perfezionistica di Kate viene messa alla prova quando nello staff entra un nuovo aiuto cuoco, esuberante e pieno di energia, Nick Palmer. Nick ama l'opera e l'allegria intorno. Il suo approccio così sciolto alla vita e alla cucine stessa non potrebbe essere più diverso da quello di Kate, eppure l'alchimia fra loro è innegabile... così come il disaccordo.
Forse le cose al lavoro potrebbero andare meglio se Kate non avesse problemi a casa con la nipotina Zoe che ha solo nove anni e da poco è andata a vivere con lei.
Con il passare delle settimane, Kate non ha ben chiaro cosa la faccia infuriare di più, se il rapporto di NIck con la proprietaria del ristorante, Paula o con la nipote Zoe, che preferisce confidarsi con lui piuttosto che con la zia.

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Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: Una delle poche commedie che ho sinceramente apprezzato e che mi ha lasciato sorprendentemente entusiasta!

Voto: 3,25
/5!

**

Titolo: Spiderwick - Le cronache

Genere: Fantasy
Distribuzione: UIP

Trama Film: Lasciata New York per trasferirsi nella vecchia e decrepita casa, appartenuta ad un loro pro-zio, la famiglia Grace (mamma, due gemelli, Jared e Simon, e la sorella Mallory), si trovano alle prese con le strane cose che accadono intorno a loro. Jared viene accusato dagli altri delle misteriose sparizioni e dei fatti inconsueti che si verificano, ma quando insieme ai fratelli, decidono di cercare di capire, finalmente, cosa sta realmente accadendo, si troverà immerso in fantastico e misterioso mondo popolato da bizzarre creature... Jared, infatti, trova uno strano libro, scritto dallo Zio Arthur, "La Guida Pratica di Arthur Spiderwick al Mondo Fantastico che Vi Circonda". Tra le creature che popolano questo mondo parallelo però ce n'é qualcuna molto pericolosa, ed i ragazzi capiscono che il libro dello zio é la chiave per rapportarsi a questo mondo e che per nessuna ragione deve cadere nelle mani sbagliate, perchè chi lo possiede é in grado di acquisire un potere straordinario.

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Voto: 2,5
/5!

**

Titolo: Zodiac

Genere: Drammatico/Thriller
Distribuzione: Warner Bros

Trama Film: Durante l'estate del 1968, nell'area di San Francisco, comincia a operare un serial killer che rivendica i propri omicidi con lettere spedite ai principali quotidiani locali. Dopo aver assunto un nome riconoscibile, Zodiac, l'assassino sfida la polizia con una serie di messaggi in codice che nessuno riesce a decifrare correttamente. Sulle sue tracce, oltre a una coppia di detective, si mettono anche un giornalista alla ricerca di scoop e un vignettista frustrato, quest'ultimo appassionato di codici ed enigmistica: la sfida è appena cominciata…
Zodiac è un thriller atipico: ispirato alle azioni di un serial killer che tenne per anni in scacco la polizia di San Francisco (ancora oggi il caso è considerato chiuso solo perché il principale imputato morì prima di essere sottoposto a processo), il film di David Fincher concentra le sue attenzioni non tanto sulla figura dell'assassino, che rimane sullo sfondo, avvolta da un'aura inquietante e misteriosa, ma su un eterogeneo gruppo di personaggi, le cui vite vengono sconvolte dalle azioni del killer.
Il tema dell'ossessione, già declinato efficacemente da Fincher nelle pellicole del suo recente passato, ritorna e diventa quindi perno dell'intera vicenda: tutti i protagonisti della storia, in primo luogo l'ispettore David Toschi (un eccezionale Mark Ruffalo) e l'anonimo vignettista Robert Graysmith (il capace Jake Gyllenhaal), sacrificano carriera, affetti e famiglia, pur di trovare il bandolo della matassa che, anno dopo anno, si fa sempre più fitta e apparentemente inestricabile. Sullo sfondo, emerge sempre più chiaro il ruolo chiave che assumono col passare degli anni i media e l'informazione in generale.
Nonostante la sua eccessiva durata (oltre due ore e mezza) non contribuisca certo a renderne più agevole la visione, Zodiac garantisce più di un momento memorabile: la sequenza dell'omicidio a sangue freddo di una coppietta nei pressi di un lago e quella che vede Jack Gyllenhaal scendere nello scantinato di uno dei presunti colpevoli, valgono, come si suol dire, il prezzo del biglietto. Peccato che Fincher non abbia reso più compatta e omogenea la narrazione e non abbia utilizzato il tempo a sua disposizione per approfondire meglio alcuni personaggi, come quello del giornalista ubriacone interpretato (casualmente…) da Robert Downey Jr. e quello, forse troppo marginale, cui dà volto e corpo Chloe Sevigny. Graziato da una prestazione del cast a dir poco sontuosa, Zodiac è un film ostico, affascinante, un "thriller non thriller" anticonvenzionale, forse troppo lento e denso di fatti e dialoghi. In America il pubblico non ha gradito (la critica è invece osannante): da noi, dato il genere, potrebbe avere miglior fortuna. Quel che è certo è che David Fincher, anche se non al suo meglio, ha davvero talento da vendere.

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Voto: 3
/5!

**

Titolo: Fur: un ritratto immaginario di Diane Arbus

Genere: Drammatico
Distribuzione:
Nexo

Trama Film: Diane Nemerov, è la figlia di una ricca famiglia ebrea trapiantata a New York. Coniugata è Diane Arbus, moglie di Allan, un fotografo di moda, e mamma distratta di Grace e Sophie. Colta e sensibile, Diane è insofferente ai privilegi sociali, ai protocolli e ai conformismi che condizionano la sua vita e misurano le sue emozioni. Nell'appartamento sopra agli Arbus si stabilisce Lionel Sweeney, un uomo eccentrico affetto da ipertricosi e nascosto dietro una maschera. La relazione amicale e poi sentimentale con Lionel rivelerà a Diane un mondo straordinario e parallelo a quello della riconosciuta normalità. Solo allora Diane impugnerà la macchina fotografica per ritrarre (prevalentemente) le "meraviglie" della natura, i freaks impressionati nella pellicola di Tod Browning.
Steven Shainberg, cresciuto tra i ritratti della Arbus che decoravano le pareti della casa dello zio scrittore Lawrence Shainberg, porta sullo schermo il ritratto immaginario e immaginato della fotografa newyorkese. Liberamente ispirato al libro di Patricia Bosworth, "Diane Arbus: una biografia", il regista esplora insieme alla sua protagonista la sottile relazione tra l'apparire e l'essere. Come in Secretary così in Fur, il suo sguardo guida ed emancipa la figura femminile attraverso pratiche null'affatto consuetudinarie: la perversione, quella masochista della segretaria di Maggie Gyllenhaal, o uno strumento e la sua pratica, quella fotografica della Arbus di Nicole Kidman. Diane, prima di diventare il controverso mito della fotografia americana, era una casalinga che stirava i vestiti, misurava le luci e viveva in un'evidente condizione di subordinazione creativa nei confronti del marito.
Sarà la scoperta della diversità, dell'eccesso della natura suggerito fin dal titolo, a condurla a esplorare tutti quei luoghi, fisici e mentali, che erano stati oggetto di divieto. Fur è la pelliccia prodotta dai Nemerov e indossata dalle belle modelle bloccate dal rigore formale della macchina di Allan Arbus. Ma fur è pure il pelo mostruosamente eccedente di Lionel, che scopre, coprendolo, la manipolazione cosmetica del reale e l'arbitrarietà dei tabù. Nel film di Shainberg la macchina fotografica è sempre posata in primo piano, perché la "camera oscura" è prima negli occhi della Arbus. Occhi da formare, da impressionare, da caricare del vissuto drammatico di Lionel, fermato frontalmente dentro la sua prima fotografia

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Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: ll tema della diversità, e della scoperta di sè stessi, vissuti dagli occhi della straordinaria Arbus, al confine tra immaginario e realtà.

Voto: 2,75/5!

**

Titolo: Mio fratello è figlio unico

Genere: Drammatico
Distribuzione: Warner Bros Italia


Negli anni '60 a Latina la vita non era facile. Le famiglie dovevano far crescere i figli con quello che avevano, dando loro una buona educazione. Accio è il più giovane di tre fratelli, e la sua vita si svolge fra ideali ora vivi e poi dimenticati. Lottando con il fratello con il quale condivide gioia e miseria.
Uno sguardo, un primo piano. Il movimento degli occhi, ora persi, ora accesi per reagire a una situazione che in quel momento è la più importante. Luchetti sa che il suo cinema è personale, tocca la politica, la affronta, ma ciò che gli importa veramente sono le persone, perché sono loro che fanno il mondo. Ieri, oggi, domani. Quei volti, quindi, che lui approccia nei dettagli, a volte con la camera a mano, per dare ai protagonisti quel qualcosa di incerto, sono l'anima dei suoi film. Mentre racconta la storia dell'Italia del '68 (che a Latina non arriva) fra nero e rosso, due uomini legati dallo stesso sangue si confrontano, e Accio, sempre alla ricerca di una fede, da quella cristiana a quella fascista, per poi quasi perdersi nella sinistra, è la rappresentazione unica di un'incertezza manifesta di un paese allo sbando.
Elio Germano è superlativo, e tiene testa a Scamarcio che buca lo schermo con i suoi occhi verdi e il timbro vocale sicuro. Intorno a loro si muovono la Finocchiaro, magnifica madre, e Zingaretti, fedelissimo al Duce, perfetti comprimari di un dramma estremamente personale. La crescita di un uomo, forse non era mai stata così profonda nel cinema italiano attuale e, se superiamo gli ultimi venti minuti, troppo didascalici, scopriamo come l'umanità può essere raccontata con la forza delle immagini e delle parole.

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Voto: 3,5
/5!

**

Titolo: Elizabeth - The golden age

Genere: Drammatico
Distribuzione: Universal Pictures

Trama Film: ilippo II, re di Spagna e fervente cattolico, è fermamente deciso a detronizzare l'"eretica" Elisabetta I e a incoronare regina d'Inghilterra la cugina Maria Stuarda. Sostenuto dalla Chiesa di Roma e armato di un poderoso esercito il sovrano spagnolo ordisce un complotto ai danni di Elisabetta, che da trent'anni governa gli inglesi con forza e saggezza. Mentre il fondamentalismo cattolico di Filippo e dell'Inquisizione minaccia l'Europa protestante, la presenza a corte di Raleigh, un cittadino senza titolo nobiliare con la vocazione per l'esplorazione e per la navigazione su mari perigliosi, indebolisce le salde certezze della regina. Dimenticando il suo ruolo, Elisabetta si scopre vulnerabile e innamorata. Ma la politica estera la reclama. L' "invincibile" Armada di Filippo, centotrenta galere e trentamila uomini, è salpata per l'Inghilterra.
La vita di Elisabetta I è un "testo" largamente frequentato al cinema. Ne esistono oltre venti versioni. Tutti se ne innamorano, soprattutto gli storici e i registi, che non resistono alla tentazione di farne un libro o un film. È successo a Shekhar Kapur, che dieci anni fa con Elizabeth tentò la sfida, vincendola. Nel secondo "episodio" la sovrana inglese vive una golden age minacciata dalla cospirazione e dal fondamentalismo di Filippo di Spagna. Fedele al suo voto di castità e di fedeltà alla nazione, Elisabetta declina le proposte di matrimonio dei suoi pretendenti e coltiva la disposizione al comando. Intrigata dallo spirito libero, colto e indipendente di Sir Raleigh, la regina cede il passo alla donna.
L'interesse per il "pirata" gentiluomo si libera nella conturbante sequenza della danza di corte, in cui Elisabetta immagina di sostituirsi alla giovane favorita (Elizabeth), suo doppio che agisce e sperimenta in sua vece l'amore. Confusa dal sentimento e ingabbiata dal suo ruolo, Elisabetta rinuncia alle proprie aspirazioni amorose e si consacra alla causa "protestante", calandosi con rigore e passione nel ruolo della regina che impara i trucchi della politica e sa incantare il popolo, l'esercito e il nemico con indole risoluta e bellezza illibata.
La singolarità del film va ricercata nel linguaggio cinematografico: la costruzione dello spazio e il ruolo del montaggio. Dentro una ricostruzione storica volutamente accademica, secondo i modelli del classico kolossal storico, il regista riesce a fare interagire i volti e i corpi dei tre protagonisti (Elisabetta, Sir Raleigh e il segretario di stato Francis Walsingham) con le masse civili e con quelle armate. La spettacolarità volumetrica dell'ambiente cortigiano e quella epica della battaglia navale sono intercalate da scene liriche e private, che comunicano con efficacia una forte presa emotiva. Nella ricchezza della narrazione, che non risparmia gli eccessi e si concede di sollecitare sentimenti, la composizione sonora imprime il ritmo alla rappresentazione, contribuendo non poco alla mitizzazione della "regina vergine".
La musica, i cori e il sinfonismo sono concettualmente vicini al melodramma operistico. Elizabeth - The Golden Age è l'occasione per consacrare (e venerare) Cate Blanchett, infinita nella definizione del personaggio storico, indagato nella sua umanità e seguito nella sua straordinaria avventura. Dotata di un'innata fotogenia e di un solenne portamento scenico, l'ultimo sguardo della sua regina è di quelli che non si dimenticano, quasi intuisse oltre lo "schermo" la presenza del suddito-spettatore.

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Voto: 3,85/5!


Numeri

Tre.

1+1+1

Non un numero.
Ma una somma.

Io non sono da tre.
E nemmeno da due.

Io sono da zero.
Un cerchio che deve chiudersi su se stesso per essere perfetto.
Una linea curva su un piano, con dentro uno spazio.

Io sono da zero, al massimo da uno.

Zero e uno.
Numeri binari.
A loro e da loro possono originare tutti gli altri numeri.
Zero e uno.
Non hanno bisogno del tre, nè del quattro.

Zero e uno.
Come una scatola di cioccolatini.
Un sorriso.
Una telefonata.
Un caffè.

Zero e uno.

Zero.
Come il punto di partenza dei numeri positivi.
O la fine di quelli negativi.

Uno.
Come la notte che abbiamo passato insieme.
L'inizio.
Come la sola notte passata insieme.
La fine.

No.
Non sono da uno.
Nè da due.
Nè da tre.

Sono da zero, o forse da quattro.

4 = 2 + 2
4 = 3 + 1
4= 1 + 1 + 1 + 1

Ma quattro è sempre una somma.
E anche il tre lo è.
Così come pure il due.

Due è il numero dei tuoi silenzi dopo i miei due tentativi.
Tre è il numero dei giorni del tuo silenzio dopo il mio ultimo tentativo.
Era il tuo mesetto.
Ma io non sono un cioccolatino.
Non mi si prende solo quando si ha voglia di mordermi.

Non è questione di due.
Nè di tre.
Nè di quattro.

E' una questione di somme di silenzi.
E i silenzi non sono mai innocenti.