Titolo: Waitress - Ricette d'amore
Genere: Commedia
Distribuzione: 20th Century Fox
Trama Film: Stanca di sopportare le prepotenze del marito, Jenna, sogna di diventare tanto brava nel suo lavoro di cameriera e di fare tanti soldi con le sue ricette, da poter finalmente lasciare la vecchia vita. Le torte che prepara, sono ispirate dai fatti che accadono nella sua vita, ma qualcosa di inaspettato cambia i suoi piani, rimarrà infatti incinta e quest'evento la porterà a sviluppare un particolare rapporto con il figlio non ancora nato...
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Recensione Un interessante punto di vista, ne consiglio la lettura.
Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: Waitress è quella che si può definire la falsa fiaba per eccellenza.
La principessa è una donna che per realizzarsi deve trovare la forza di prendere le distanze dagli uomini - marito e amante - che la amano, rifiutando il principio secondo il quale l'autorealizzazione possa avere radici nell'amore di un uomo.
L'orco cattivo non è il marito, bensì quella parte di Jenna che non è ancora riuscita a trovare sè stessa.
Il principe azzurro è un uomo felicemente sposato e l'amore per lui, alla fine, non trionferà sugli eventi.
Le fatine, personaggi alquanto singolari e scarsamente carismatici, sono le amiche di Jenna che l'accompagneranno nel suo percorso di crescita.
Finalmente un film in cui la gravidanza e l'arrivo di un figlio sono vissuti con distacco, difficoltà di accettazione, cinismo e tavolta rifiuto; particolarità questa che regala momenti di forte perplessità in cui si fanno largo nell'animo di chi osserva sentimenti contrapposti e che vanno dalla misericordia alla condanna senza possibilità si assoluzione.
La prima lettera scritta da Jenna al figlio che aspetta:
"Caro bambino,
se davvero ti scrivessi una lettera, sarebbe sicuramente una lettera di scuse.
So che ogni bambino merita una mamma che lo desideri, che sia anche una buona moglie, un membro rispettabile della società, e sinceramente io non sono niente di tutto questo, e non so neanche se valga la pena di farti nascere in questo mondo...
Non valeva la pena di conoscere molta gente che ho conosciuto, non valeva la pena di vivere molte delle cose che ho vissuto.
Non prenderla come una cosa personale se non ti sembro come tutte le altre mamme che sprizzano felicità da tutti i pori, francamente io non so che cosa potrei offrirti...
Se non avrò un soldo come cavolo farò a crescerti?
Per tutta la vita, bambino, l'unica cosa che ho sempre voluto fare è scappare.
Che razza di madre sarei?
Vorrei provare sentimenti diversi bambino, come l'entusiasmo di averti dentro, o la convinzione che sarò una brava madre, anche se la mia vita non è un granchè e se il mondo, per la mia esperienza, non è meraviglioso come vogliono farti credere in questo libro...
comunque questa lettera per te sembra più una lettera scritta a me vero?
Ti voglio bene.
Mamma"
Voto: 2,25/5!
**
Titolo: 2 giorni a Parigi
Genere: Commedia
Distribuzione: DNC
Trama Film: Marion è parigina. Jack americano. Vivono insieme da tempo a New York ma, dopo la vacanza che sognavano a Venezia, si fermano due giorni a Parigi per recuperare il gatto di lei e per far conoscere a lui la città e la famiglia di Marion. Quello che Jack conoscerà sarà una compagna molto più complessa di quanto lui potesse pensare e forse accettare. Per quanto progressista e capace di dare indicazioni sbagliate a compatriote decisamente a favore di Bush è troppo distante da questa 'vecchia Europa' che vive ancora dei miti del ’68 (la madre di Marion ha avuto addirittura una breve relazione con Jim Morrison ai bei tempi) e che gioca ancora, nonostante l'AIDS, con sesso e sentimenti.
Julie Delpy (dopo la collaborazione come attrice e cosceneggiatrice al delizioso Prima del tramonto di Richard Linklater che faceva ritrovare il suo personaggio con quello di Ethan Hawke Prima dell’alba) torna a giocare le sue carte nella sua seconda prova con un lungometraggio. Si può tranquillamente affermare che con questo film ci ha offerto un film maturo nella sua leggerezza grazie a una sceneggiatura che tiene per tutta la durata del film (tranne forse, ma è questione di gusti, nel finale) e all’interpretazione dei due protagonisti. Il confronto tra Francia e Stati Uniti continua ma questa volta non si tratta di polemica più o meno politica. Come ha sottolineato con grande acutezza Henry-Bernard Levy nel suo brillante saggio "American Vertigo" gli stereotipi in materia abbondano. È però necessario conoscere le persone reali. Questo non serve a edulcorare le differenze di visione del mondo e della vita quotidiana ma le rende fragili e contraddittorie su entrambi i versanti. Se Jack fa fatica a comprendere Parigi (complice anche la non conoscenza del francese) il 'ritorno a casa' mette a nudo per Marion quel fondo di puritanesimo, per quanto inserito in un contesto libertario, che Jack non si toglierà mai di dosso. Non si tratta quindi solo di cibo o di un anziano padre tutto istinto e seduttività ma di due culture. Tutto questo Delpy ce lo dice sorridendo ma quanto spessore c'e’ sotto questa leggerezza di scrittura! Lo fa poi tornando sul luogo del delitto perché la sua abitazione parigina se non è la stessa assomiglia moltissimo a quella utilizzata per Prima del tramonto. In quel caso si trattava di un Rohmer riletto da un americano. Qui di un'America vista (con una maculopatia simbolica) da una francese che l'ama nonostante i difetti reciproci.
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Recensione Sublime critica pubblicata sul quotidiano 'Liberazione'.
Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: Il voto che ho dato a questo film è sicuramente uno dei più alti. Credo di averlo visto almeno 4 volte in dieci giorni!
Una commedia brillante dai dialoghi intensi cha ha come protagonisti una coppia di esaltati nevrotici della peggior specie.
Da sfondo alle loro vicende lo scontro tra le due correnti culturali alle quali differentemente provengono, quella progressista europea, lei, e quella puritana americana, lui, analizzate e dissacrate nelle loro contraddizioni e nei loro chliches.
Unica pecca: il pessimo doppiaggio.
Voto: 3,50/5!
**
Titolo: Paradiso + Inferno
Genere: Drammatico
Distribuzione: Nexo
Trama Film: Due ragazzi entrano in una stanza rotonda: una giostra che gira velocemente su se stessa. La forza centrifuga li spinge contro la parete e loro sono felici: sono insieme e si amano. Un "Heaven", come recita la prima didascalia, che viene trasformato dalla droga e dalle sue conseguenze in "Heart" e, poi, "Hell".
Il "paradiso" è descritto dal regista Neil Armfield con un tocco leggero e ironico: eroina e amore si intrecciano nella vita dei due come uno stesso vortice di ebbrezza. Sulla "terra", e ancor di più all' "inferno", i problemi emergono insormontabili: la prostituzione per lei è insostenibile, così come il tentativo di disintossicarsi, e come la gravidanza.
L'esperienza della "nascita", porta i due direttamente all’inferno, ma forse non fino al suo fondo...
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Recensione: Non segnalo alcuna recensione dato che di quelle lette - Il Manifesto, Il Corriere della Sera, Il Giornale, Ciak, Il Mattino - non ne ho trovata una che valga la pena di essere letta. Tutte alquanto banalizzanti e prive di un concreto spunto critico.
Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: Quella sera avevo voglia di un film che mi facesse male. E questa pellicola non solo è stata all'altezza delle mie aspettative, ma è andata oltre.
Un film emotivamente violento, lacerante, mi ha tenuta incollata allo schermo con una sensazione latente di dolore incontrollato.
La discesa agli inferi di un immenso amore senza speranza.
Insieme a "2 giorni a Parigi" e "Elizabeth", "Inferno + Paradiso" permane tutt'ora sul mio hard disk rappresentando uno dei film che ho più gradito negli ultimi due mesi e mezzo.
Voto: 3,50/5!
**
Titolo: Il buio nell'anima
Genere: Azione/Thriller
Distribuzione: Warner Bros
Trama Film: Erica Bain vive a New York, che registra e racconta via etere nel programma radiofonico "Street Walk". Spento il microfono e conclusa la giornata si rifugia nell'abbraccio dell'amato David, il compagno che avrebbe sposato se due balordi non lo avessero massacrato a Central Park. Sopravvissuta all'aggressione, Erica compra illegalmente una pistola per affrontare la strada e la paura. Un nuovo trauma, l'assassinio di una donna in un drugstore, scatena la sua rabbia e il desiderio di vendetta. Sui marciapiedi di New York incontrerà il senso del dovere del detective Mercer, che la costringerà a riflettere sulla legittimità della vendetta.
Dopo la parabola favolistica di Breakfast on Pluto, che affrontava il problema identitario di un uomo e di una nazione, Neil Jordan lascia l'Irlanda alla volta degli Stati Uniti, volgendo al femminile la vendetta "giusta" alla Charles Bronson. Il suo biondo giustiziere, come ogni eroe jordiano, si trova nell'impossibilità di sottrarsi alla propria indole ma se il giovane travestito di Cillian Murphy intraprendeva un viaggio esistenziale nel proprio Paese per riconquistare se stessa, la Erica di Jodie Foster attraversa le strade buie di New York e i tunnel di Central Park, perdendosi e perdendo la propria umanità.
Lontana dallo spirito borghese di Allen, la città americana diventa lo spazio della paura della violenza intesa come catastrofe morale. Dentro le vedute aeree e notturne di Manhattan, Jordan procede a investigare i misteri del cuore umano e il desiderio, radicato negli States, di farsi giustizia da soli. Dopo la perdita del fidanzato, la protagonista assume su di sé la volontà di riparare il torto, spogliandosi progressivamente della pietà e del filantropismo.
Pur dichiarando di aver voluto lasciare fuori la politica e di avere evitato qualunque tentativo di analisi dell'evento (il 9/11), Jordan mette in scena (indirettamente?) il "vuoto" lasciato dal trauma dell'aggressione, che ha sconvolto definitivamente il concetto di giustizia. Per la protagonista la "rieducazione" ai valori della civiltà passa attraverso la vendetta portata alle estreme conseguenze. Per superare lo shock e la grave crisi d'identità sociale, il cantastorie irlandese sa che occorre innanzitutto restituire la memoria attraverso la narrazione, facendo riemergere i fantasmi e liberando la nostra paura. Il dolore diventa il motore dell'azione, la crisi individuale di Erica diventa crisi sociale e poi culturale.
Jodie Foster, che dagli anni Novanta incarna sullo schermo la decenza morale e la disponibilità caratteriale, fa i conti questa volta con un soggetto critico. Nell'America di Jordan, il mondo preme da fuori finendo per tracimare nel territorio più prezioso: il privato. Così la resistenza di Erica si gioca in chiave privatistica e coscenziale.
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Recensione
Mie (buttatelìpercaso) cosiderazioni: Il voto 2,75 è dedicato interamente alla straordinaria interpretazione di Jodie Foster, a mio parere una delle migliori della sua carriera. Jodie Foster che ha saputo incastrare il personaggio in connotati straordinariamente ossessivi.
Se non fosse per la sua performance, al film, avrei dato come valutazione complessiva un voto non superiore a 1.
Voto: 2,75/5!
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